Una passeggiata sulle banchine del porto alla ricerca di una storia marittima, di famiglia e collettiva, dell’Adriatico orientale tra Otto e Novecento
Una storia come quella della società Tripcovich, della sua famiglia e dell’ambiente sociale, culturale ed economico in cui si è maturata meriterebbe di essere raccontata da narratori come Mann, Kazantzakis, Singer o Balzac. Tutti autori che di fallimento se ne intendevano. Sarebbe stato anche un “case study” perfetto per uno storico economico come David Landes. Tuttavia, una cosa non esclude l’altra.
Il modello per lo studio della decadenza delle imprese famigliari noto come “sindrome di Buddenbrook” elaborato da Landes si applica perfettamente alla vicenda della società Tripcovich. Anche nel nostro caso la parabola si sviluppa in tre fasi che corrispondono alle tre generazioni di management aziendale famigliare: la fase di fondazione dell’azienda ad opera della generazione dei “pionieri”; il momento del consolidamento e dell’espansione grazie alla seconda generazione di “capitani d’industria”; infine, la terza ed ultima fase, quella del declino, durante la gestione aziendale della terza generazione. Nel caso della Tripcovich, non si trattò solamente di decadenza o reflusso ma del più grande crac che Trieste – in tutta la sua storia di mercanti, armatori, banchieri ed assicuratori – abbia mai conosciuto. All’inizio degli anni ’90 del XX secolo, la Tripcovich era una holding formata da alcune subholding e da circa 120 società controllate, che occupava suppergiù 6.000 persone tra Mediterraneo e nord Europa. Un vero colosso. Anche l’entità del crac societario del 1994 fu colossale: un debito di più di 500 miliardi di Lire (valore storico stimato € 400.047.000) composto da debiti diretti e fideiussioni alle controllate. Quello che seguì è cronaca giornalistica.
Di tutta la vicenda Tripcovich, ciò che sembra essersi salvato dal fallimento è ciò che è sempre rimasto sullo sfondo: il capitale umano – specialmente femminile –, professionale e relazionale di una famiglia e di una compagnia armatoriale. In definitiva, ciò che è scampato al terribile naufragio è ciò che rimasto in porto.
4.4.a
1° Generazione: L’Impero di Diodato
Nel 1895, Diodato Tripcovich fondò a Trieste la “D. Tripcovich-Società di Armamento ed Agenzia marittima” – che nel 1912 sarebbe diventata una società per azioni – occupandosi principalmente dell’amministrazione di consorzi di proprietari (caratisti). Da subito, però, la compagnia cominciò a dedicarsi anche alla navigazione commerciale di linea e ai servizi di rimorchi e salvataggi marittimi.
(Archivio famiglia Marcovich)
(ASTs, Governo Marittimo in Trieste – Seebehörde, 1385)
(ASTs, Società “D. Tripcovich & Co.”, 129)
(ASTs, Società “D. Tripcovich & Co.”, 129)
4.4.b
La 1° Generazione: Ermenegilda la Ragusea
Nel 1891, Diodato Tripkovich sposò la Ermenegilda dall’antica famiglia ragusea Pozza di Zagorje a Dubrovnik (Ragusa). Fu con il denaro della dote della moglie che Diodato cominciò a comprare quote di proprietà di navi, circostanza che gli consentì di inserirsi nei consorzi di armatori.
(Archivio famiglia Marcovich)
(Wikimedia Commons)
(DAD, Unknown author, via Wikimedia Commons)
4.4.c
La marineria triestina da giovane
L’Imperial Regia Accademia di Commercio e Nautica può essere considerata come la nursery della marineria e del capitalismo marittimo di Trieste. L’Accademia si articolava nelle due sezioni principali, Commercio e Nautica, e in altri corsi “minori”.
(Ph. Erica Mezzoli, 2022)
(Extract from the exam program for captain of offshore navigation vessels, ASTs, Accademia, 35)
4.4.d
La 2° Generazione: Mary & Jeffrey
Quella formata da Maria “Mary” Tripcovich e dal barone Gottfried von Banfield (noto anche come Goffredo “Jeffrey” de Banfield) era la coppia più bella, ammirata e mondana della Trieste del primo dopoguerra. Si fidanzarono a Trieste nel 1918 e sposarono in Inghilterra nel 1920. Dal loro matrimonio sarebbero nati Maria Luisa “Pinky” e Raffaello “Falello” de Banfield.
(Alinari, W. Wulz, WWA-F-001973-0000)
(Archivio famiglia Marcovich)
(HGM, K. Sterrer, Porträt Gottfried von Banfield, 1918 – via Wikimedia Commons)
4.4.e
Donne e capitalismo marittimo nell’Adriatico orientale
Le coste dell’Adriatico orientale sono uno spettacolo meraviglioso, e non solo dal punto di vista paesaggistico o storico-culturale. Qui il mare è lo specchio di straordinarie e affollatissime costellazioni di proprietà, dove anche le donne giocavano un ruolo di primissimo piano. Talvolta, in questo contesto il potere economico delle donne era talmente rilevante da essere paragonabile a quello di una stella in un sistema planetario.
(ASTs, Governo Marittimo in Trieste – Seebehörde, 1385–1387)
(Alinari, W. Wulz, WWA-F-001970-0000)
(DARI, Pomorska oblast za Ugarsko-hrvatsko primorje u Rijeci 1870.–1918., 241-241A)
4.4.f
La 3° Generazione: Falello e il Cosmopolitismo Artistico
Grazie alla madre Mary, l’arte scorreva nel sangue degli eredi de Banfiled. Questa circostanza era particolarmente vera per Raffaello “Falello”. Noto compositore ed armatore, durante la sua vita ha saputo intessere una notevolissima rete di relazioni nel mondo dell’arte e del jet-set internazionali che aveva Trieste come baricentro.
La sua opera più famosa è la composizione per balletto “Le combat” (Londra, 1949).
(L. Fini, Self-portrait with a Scorpion, 1938)
(Les ballets des Paris (1958), BRTD-NYPL – Digital Collections, ID 5054408)
(Bundesarchiv, Bild 183-R92264)
4.4.g
La 3° Generazione: Pinky
(Bundesarchiv, Bild 183-R92264)
4.4.h
L’Eredità
L’eredità della saga Tripcovich-de Banfiled non sono i poveri resti della storia famigliare ed aziendale che la risacca porta a riva. Nonostante le scelte sbagliate determinate – probabilmente – dall’imperizia in materia di finanza, la terza generazione Tripcovich-de Banfield è stata presente a sé stessa e contemporanea del suo tempo. Non tutto è andato perduto.
(Ph. Erica Mezzoli, 2022)
Sebbene questo è tutto ciò che rimane della saga Tripcovich-de Banfield, è comunque moltissimo.
(The Trieste building where the “Goffredo de Banfield” Association is based – Ph. Erica Mezzoli, 2022)